17 aprile 2007

Parigi-Roubaix

succo alla pera alle due di notte prima di chiudere occhio con in mente un idea..l'idea di partire l'indomani presto. molto presto, "mi rimangono così massimo cinque ore di sonno". crollo alla seconda riga della 139° pagina.
di colpo è mattino, di colpo luce ad entrare dalla finestra, capisco che è una giornata uggiosa e infatti mi alzo guardo fuori e il cielo è coperto di nuvole grigie. spremo un arancia che fortunatamente oggi è dolce e fresca, me la bevo con gusto, mi lavo i denti e mi vesto, preparo lo zaino...un libro, un paio di jeans, una maglietta, un paio di calze, un paio di mutande e parto.
che freddo che fa, le mani mi congelano, dopo una ventina di minuti incrocio una macchina, al volante un signore distinto in giacca e cravatta si fuma la sua prima sigaretta, quasi mi convinco a tornare indietro e fare altrettanto...fugace pensiero...continuo. pedalo...è quello che voglio. quante volte mi sono sentito di mollare per poi godere nel perseverare..così continuo. so che le mani tra un attimo cominceranno a scaldarsi, la schiena comincerà a sudare e starò meglio, molto meglio, il sole bucherà le nuvole, l'odore della primavera lo voglio per me, seduto in macchina non l'avrei sentito, non avrei sentito il profumo degli alberi in fiore, l'erba tagliata ha un suo fascino, i piumini anche. pedalo e mi basta poco per sorridere. il sole buca così le nuvole e splende dopo un ora sulla mia testa. le mani sono calde e io sono felice, mi guardo attorno felice. schivo il traffico e cambio strada...sempre così...cambio sempre strada, scappo dal traffico e mi trovo di nuovo tra le vigne piene di germogli, fiori gialli ovunque, io il mio zaino e la mia bici. sto andando al lavoro e non mi sembra vero. la campagna mi ridà un senso strano dell'orientamento, non ho punti di riferimento, li cerco invano ma non ne trovo, non mi resta che seguire l'istinto che mi dice di andare a sinistra dove le strade si fanno sempre più strette, sempre di più, sempre di più. ora però ho bisogno di conferme e chi meglio di un vecchietto con il cappello..."scusi?" si gira verso di me quasi spaventato "Dica?", "per bell'Italia è giusto di qua?" ci pensa un attimo, guarda la mia bici poi mi dice: "alora, a ghe dò stredi, òna piò longa però piò bela, l'etra l'è piò curta però le piina ed bùs. al masim t'et mèt la cìclo in spala, i s'ran piò o meno terseint meter" a quel punto l'invito a nozze è scontato, io che parlerei solo in dialetto mi sento a casa, rispondo "alòra a vagh drèt, a pròv, al masim a còch la ciclo e a vagh a pé, grazie" mi allontano sentendo che lui mi dice "mè a stagh le, in c'la cà col can fòra." La strada è meravigliosamente dissestata, nemmeno tanto battuta, tracce di trattori, erba alta e filari di vigna ai bordi della strada, rido, cazzo quanto rido mentre pedalo, mi dico che era quello che volevo, rido davvero e mi godo lo spettacolo. quasi mi dispiace arrivare al lavoro dopo un ora e venti di bici.

sarei rimasto in mezzo a quella strada sterrata... magari a scopare.

vabbè sono il solito cretino

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