28 giugno 2007

fatale fu la rovesciata: part2

fu li che trovai sollievo nell'annusarmi i polsi, nel farmi frittate con le zucchine. Il campo lo abbandonai per sempre, in preda a crampi costanti non riuscivo più creare le mie geometrie, vagavo con la mia fascia al braccio in quel rettangolo verde, la palla andava troppo veloce e gli avversari mi sgusciavano ovunque come anguille di fosso, quelle che mio padre riusciva a prendere da piccolo, io ancora più piccolo di lui, sempre più piccolo di lui dovetti cambiare strada per evitare di ritrovarmelo tra le mani, a tavola da solo mi ritrovo ancora oggi apparecchiato come lui, un pugno chiuso a sinistra e una forchetta nella destra. lui cacciatore di anguille, barbone da branda con i capelli grigi lunghi ad accerazzargli la schiena, io piccolo con solo verità da regalare, rimasi solo. la televisione mi parlava ma non riuscivo ad ascoltarla, così staccai il filo, staccai il telefono, staccai tutto. io e il gas, io e i miei fornelli, i miei pennelli, il mio legno e la mia creta. modellai dottori, lupi dal pelo grigio e mele mangiate. sogni e incubi si mescolarono alla realtà e tutto divenne tangibile.

stavo diventando pazzo. sono diventato pazzo.

passò l'inverno son i suoi botti di fine anno, l'orecchio teso e un ricordo perso. L'odio cresceva, cresceva a dismisura dentro come edera, come menta selvatica metteva radici, dal petto le radici arrivarono alle mani, dal petto alle gambe, dal petto agli occhi...menta piperita diventai. mohito ambulante mi riempii di alcol per dormire sonni leggeri. lottai contro il buio la notte contro ventilatori simili a mulini a vento. Feci mie scudiere una flotta di zanzare, un mattarello come spada, un grembiule sporco di farina come armatura, in testa il mio cappello di paglia, Don chisciotte senza sella cavalcai la mia bicicletta e scalai le cime più alte lasciando cadere le mie gocce di sudore su cartoline lasciate in buche della posta. nella sua buca della posta lasciai le mie lacrime e i miei pensieri. in quel cortile si consumò la mia sconfitta, perirono dieci zanzare tigre,due libellule mandate in avanscoperta tornarono imbalsamte. la notte rimasi appostato studiando a tavolino il mio attacco a sorpresa, mandai allora avanti le mie falene ma i pipistrelli come contraeree ne fecero cibo per i loro denti, come una talpa mi tolsi gli occhiali e scavai il mio tunnel, arrivai fin sotto casa sua, fin sotto il suo letto...sbucai dal cuscino e trovai lo scempio.

parole sui muri cancellate, l'inchiostro colava come lacrime dal soffitto, di lei nemmeno la traccia, nemmeno un segno, nemmeno l'odore di nivea sul cuscino, nemmeno un segno di rimmel, nemmeno le scarpe, nemmeno un assorbente, nemmeno un bicchiere nel lavandino, il frigo sempre vuoto. provai a leggere quelle parole sulle pareti, decifrare quei segni e quel silenzio, in controluce lessi. "non voglio perderti, sei importante per me, un leone come te come può farsi scappare la preda così facilmente, si sto con lui ci sto bene scopo e sto bene, si dovevo capire, ho provato tutto, non ti ho preso in giro, sono un stronza lo so te l'ho sempre detto che non sono quella che pensi, giro a testa bassa ma fuori di qui sono felice, ho continuo bisogno di attenzioni, di essere al centro dell'attenzione, ho paura di "dover" stare ancora male, sei una persona che non reagisce, non mi piace quello di te, se venivi a dire qualcosa a mio padre non so cosa ti faceva, le mie amiche sono partigiane, non uscivo con lui perchè ci stavo male anzi...anzi ci esco ancora mentre esco con te, no non è un gioco".

no non è un gioco, me ne sono accorto, ho perso tutto, nei giochi al massimo perdi per essere fortunato in amore. avrei una risposta ad ognuna di quelle parole cancellate sulle pareti, una risposta a tutto ma ho perso le parole come ho perso forse troppo tempo a cercarle, mi scappa da ridere, mi fa solo ridere quella parete sbavata, mi fa pena, mi fa pena lei mi fa pena lui, mi faccio pena per aver perso tutto questo tempo. Io ho fatto e dato mentre lei ha solo preso, ha solo rubato anime per poi sputarne le ossa. chusi la porta, uscii dall'ingresso principale, mi presentai ai suoi badanti, mamma e papà che a colpi di macete provarono a tarparmi le ali, quelle ali che ora riposano sulla schiena di quella maledetta maglietta chiusa in quel cassetto. non voglio più quelle ali, quelle ali mi hanno fatto schiantare al suolo di faccia e a raccogliermi sempre e solo barelle. oggi, pellegrino in cerca di dimora, vago su sabbie gelate, incontro in parcheggi deserti anime disperate, anime rubate in cerca di vita propria, mi toccano, mi salutano quasi fossimo grandi amici, io come loro, oggi anche io come loro, io che non ho fatto altro che ripetere di non essere come gli altri mi ritrovo diverso ma nello stesso oblio, divorato nell'anima, deriso, ingannato come tutti gli altri.

ma io non dimentico,
io non dimentico niente.

sto solo aspettando il momento
per vendicare le mie zanzare,
le mie falene.

poi comincio a ridere anche io.

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